Man mano che la polvere sulla sua carriera si deposita, diventa sempre più chiaro quanto straordinaria sia stata la carriera di Vincenzo Nibali: 4 grandi giri, 3 gare monumento, 2 campionati italiani e innumerevoli altri momenti iconici che, pur non avendo portato alla vittoria, rimarranno per sempre nella memoria degli appassionati, come la gara su strada alle Olimpiadi di Rio. Ma tra tutti i successi la sua vittoria a Sanremo rimane particolarmente speciale per i tifosi, una lezione non solo di forza ma anche di intelligenza, coraggio e acume tattico. Alla vigilia dell’edizione 2025 della Milano Sanremo, ci siamo seduti con lui per parlare della sua storia nella corsa, della sua vittoria e dei consigli che darebbe a Tom Pidcock per vincere quest’anno.
La Milano Sanremo era già nel suo calendario gare nel 2018?
Inizialmente non lo era perché il mio obiettivo quell’anno era il Tour de France. Avevo partecipato alla Tirreno Adriatico e avevo faticato i primi giorni, ma man mano che la corsa proseguiva continuavo a diventare sempre più forte. Perciò la squadra mi chiese di correre la Sanremo, ma quell’anno era l’obiettivo principale di Sonny Colbrelli e non volevo disturbarlo. Ma nei giorni precedenti alla corsa abbiamo continuato a parlarne con Volpi e Slongo e mi hanno detto che avrei potuto aiutarlo nella corsa, o che avrei potuto essere una sorta di jolly, un jolly da giocare. Alla fine ho ceduto e ho detto che sarei andato ad aiutare Colbrelli.
Quindi prima della gara non pensavi di poterla vincere? Non visualizzavi una potenziale vittoria?
Dopo la Tirreno Adriatico, che è una corsa di oltre 800 km, sono tornato a casa per recuperare e sistemare le gambe. Ma già il primo giorno dopo la gara, quando sono uscito per una sgambata, ho sentito che le mie gambe parlavano un’altra lingua rispetto alla settimana precedente, le sentivo subito libere. Erano improvvisamente cambiate. Stavo avendo una grande supercompensazione.
Dopo una gara come la Tirreno, se hai lavorato bene e sai come approfittarne, puoi avere una supercompensazione. Uno dei miei punti di forza come corridore è sempre stato l’uso di questa supercompensazione, che è l’arte di spingersi al limite giusto per poter aumentare la propria forma in seguito. È qualcosa che, se si sa usare, può dare risultati incredibili, come quando si vedono corridori che hanno appena terminato il Tour de France andare alla Classica San Sebastian e volare, o alle Olimpiadi… I corridori di corse a tappe, in particolare, sanno come sfruttare al meglio questa caratteristica.
Mi sentivo bene, ma ancora non volevo correre la Sanremo perché quell’anno la direzione aveva organizzato un ritiro per la squadra per quattro giorni prima della gara e non me la sentivo di lasciare di nuovo casa. Ma alla fine mi sono convinto e sono andato a Sanremo ad allenarmi con la squadra, Mohric e Colbrelli. Quando Colbrelli attaccava io rispondevo, poi attaccavo di nuovo… Ricordo che dopo uno di questi momenti si è girato e mi ha guardato e ci siamo capiti, senza parlare. Lui era in forma, ma anch’io lo ero…
Le tue precedenti esperienze in questa gara (podio 2012) tu hanno dato la fiducia necessaria per pensare di poter vincere?
Ho sempre pensato che la gara fosse adatta alle mie caratteristiche e sognavo di vincerla…
In gruppo chiedevo ai più vecchi in gruppo come pensavano che si potesse vincere. Chiedevo: “Si può vincere con un attacco sulla discesa del Poggio?” e loro mi rispondevano sempre: “No, nemmeno Savoldelli ci è riuscito”. Così ogni anno che l’ho corsa (dieci volte prima di vincerla) ho cercato di attaccare in un punto sempre diverso: Poggio, Cipressa, discesa, 150 km dalla fine… Nel 2012 ricordo che avevo già deciso dove attaccare e quindi andavo su e giù per il gruppo prima di parlare con tutti, chiedendo chi sembrava in forma. Ho chiesto a Pozzato chi sembrava in forma e lui mi ha risposto Cancellara. Mi ha chiesto a me chi piaceva e gli ho risposto che Gerrans pedala troppo bene… Alla fine siamo andati via io, Cancellara e Gerrans, e in volata Gerrans mi ha battuto.
Quali errori ha imparato dalle precedenti edizioni della gara che l’hanno aiutata a vincere questa volta?
Una cosa che ho fatto nel 2018 è stata quella di snobbare completamente tutti gli eventi pre-gara; la presentazione, l’incontro e il saluto con il sindaco di Milano… Ho avuto un pre-gara totalmente rilassato. Non sentivo il peso delle aspettative su di me.
Inoltre, sapevo che se avessi avuto un vantaggio in cima al Poggio non avrei dovuto fare la discesa a tutto gas, perché ci avevo già provato un anno e, trattandosi di una discesa tecnica, si spende troppa energia per accelerare in uscita da ogni curva e si arriva in fondo cotti. Quindi sapevo che dovevo fare la discesa velocemente, ma senza accelerare troppo in uscita dalle curve. Bisogna memorizzare la discesa del Poggio, perché ogni curva sembra che si debba chiudere e frenare ma invece no, si apre dall’altra parte e devo lasciar scorrere la bici. Ogni anno, prima di correrla, bisogna rinfrescare la memoria facendola fino a memorizzarla.
Secondo te è possibile vincere la Milano – Sanremo senza una squadra forte?
Sì, perché altre squadre possono fare il lavoro sporco per te. Anche se quando ho vinto nel 2018 la mia squadra era estremamente forte.
Cosa rende così difficile vincere più di una volta (dal 2010 nessun corridore ha vinto due volte)?
Il livello è altissimo e tutti puntano a vincerla. Ma oggi, con il modo in cui si corre, forse ci sono meno corridori che possono vincerlo rispetto al passato…
Ci sono stati altri anni in cui avevi gambe migliori del 2018 ma la fortuna o il destino hanno reso impossibile la vittoria?
L’anno in cui ho attaccato sulla Cipressa… Se avessi aspettato il Poggio avrei potuto fare qualcosa.
Come classificheresti la Sanremo tra tutte le sue vittorie?
E’ stata bella per me e per molti altri, perché era la prima volta da molto tempo che un corridore con le mie caratteristiche la vinceva.
Perché a Sanremo le gambe buone non bastano mai?
La Sanremo è la classica più tecnica e richiede creatività, capacità di cogliere l’attimo. Non ci si può permettere di decidere in anticipo dove attaccare. Per esempio, un anno avevo deciso che dovevo aspettare e attaccare solo sul Poggio. Così ho aspettato, aspettato, aspettato, ma poi sul Poggio non sono riuscito fare niente. Quindi bisogna saper improvvisare, bisogna stare molto attenti perché può cambiare tutto in un attimo.
Quali caratteristiche speciali deve avere un ciclista per vincere la Sanremo?
Creatività, concentrazione, improvvisazione.
Quale consiglio darebbe a Tom Pidcock per vincere San Rem quest’anno?
Seguire Van der Poel o Pogacar. È il meno favorito dei tre e deve attaccare dopo di loro. Quando segue i loro attacchi, deve cercare di essere leggermente conservativo per poterli attaccare di nuovo. È molto difficile. Ci sono riuscito poche volte nella mia carriera. In discesa al Lombardia, a Sheffield durante il Tour de France…
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